Il Derny, questo sconosciuto

Il Derny, questo sconosciuto

Si torna a Parlare di Derny grazie all’elezione di Cordiano Dagnoni, il nuovo presidente della Federazione Ciclistica Italiana. Succede, dopo 16 anni, a Renato Di Rocco. E’ stato eletto nell’Assemblea Nazionale Ordinaria Elettiva che si è celebrata presso l’Hotel Hilton Rome Airport a Fiumicino (Roma). Il dirigente lombardo, 56 anni, ex pistard e presidente del Comitato regionale della Lombardia nel quadriennio 2017-2020, ha superato al ballottaggio Silvio Martinello, ottenendo 128 voti, il 55,9%, contro 96.

Dagnoni nel suo passato agonistico si è cimentato in una disciplina ciclistica spesso sconosciuta da molti appassionati, il Derny; questa specialità nata in Europa, è una gara di endurance che si disputa su distanze tra 25 e 40 km. Il nome deriva dalla particolare motocicletta a pedali (appunto il derny) che viene utilizzata dall’allenatore (pilota) di ciascun partecipante per permettergli di sfruttare la scia. In una prova possono competere fino ad un massimo 10 derny e per accedere alla finale possono essere previste delle qualifiche su distanza leggermente inferiore. La vittoria va al corridore che taglia per primo il traguardo dopo i giri previsti.

I mezzi utilizzati dagli allenatori devono rispettare determinate caratteristiche ed essere sottoposte a controlli accurati prima della partenza della competizione e non è consentito il cambio del mezzo salvo rari casi.

Questa è una disciplina che richiama agli albori delle corse in bicicletta, alle storiche sei giorni. Nel finire degli anni 90 e primi anni 2000 questa disciplina è un po’ “passata di moda” ma mantiene ancora oggi inalterato il suo fascino. Osservare il giro attorno all’ovale dei derny a sfiorare i 100 all’ora, superandosi, a volte sfiorando i contatti, godersi i corridori che quasi diventano un tutt’uno con la moto che li precede resta una attività per veri intenditori.
Il derny è sublimazione del concetto di velocità dove si spingono rapporti impossibili, le forcelle stanno un po’ più indietro e dove i body sono più attillati che nelle cronometro tradizionali.

Il corridore che sta dietro il motore prende sovente il nome di “Stayer” ossia del ciclista specializzato nello stare “dietro motore”, negli anni 60, con le tecnologie nettamente inferiori alle attuali, in velodromi con pendenze impressionati (il Vigorelli di Milano vantava una pendenza attorno al 42%), questa disciplina era solo per uomini con il “pelo sullo stomaco”.

Fonte: https://www.ciclonews.biz/derny-cose-questa-prova-del-ciclismo/